Può lo sport migliorare il nostro futuro?
Di solito, a capodanno faccio tappa in giro per l’Europa e vado in cerca di qualche spunto attraverso il quale affinare il mio lavoro. In un modo o nell’altro, trovo sempre qualcosa: un impianto sportivo, una palestra scolastica da visitare, uno spaccato significativo da cui ripartire. Ma questa volta le difficoltà non hanno reso possibile niente di tutto questo, eppure il 2021 ci aiuterà a ripensare il nostro modello sportivo, come spesso succede nelle situazioni di crisi.
Presto impareremo insieme dall’insolita esperienza che stiamo facendo, ci renderemo conto che non si può reiterare una visione lineare dell’attività sportiva: promuovere-avviare-allenare-competere, perché non è più sufficiente, e non vedo motivi per credere lo diventi. L’idea stessa di sport va rimessa in discussione, bisogna andare oltre le storie e le vite degli atleti di punta a cui tendere, e mettere in luce la possibilità di una trama interconnessa di micromondi, fatta di professionisti, giovani atleti e persone abituate al movimento.
Lo scenario che ci attende potrà essere un invito implicito per le associazioni sportive disposte a rivedere il modo in cui i diversi settori lavorano insieme. L’obiettivo generale dovrà rispondere alla necessità di instaurare uno scambio continuo e proficuo tra categorie giovanili, attività rivolte al benessere e prime squadre. A questo andrà aggiunta la disponibilità a dialogare meglio con ciascuna persona coinvolta, dovrà essere un impegno sistematico e collettivo, che si tratti di genitori, clienti privati o pubblici, associati a vario titolo parte dell’organizzazione. Perché è anche questo che ora manca e rallenta i tempi della ripresa: le persone non sono al corrente, non conoscono e faticano a capire, quindi pur volendo non possono spendersi per un mondo che abitualmente parla a nome loro pur rendendole parte integrante.
Lo sport è chiaramente un trampolino per le questioni sociosanitarie oltre che psicopedagogiche e formative, e consente di connettersi gli uni agli altri. Ma quanti sono gli impianti che dispongono di un luogo di incontro dedicato dove ricevere ogni genere di organismo esterno: scuole, associazioni, fondazioni? E qual è lo spazio per le sfide sociali che lo sport consente di esplorare? Esistono davvero dei margini di autonomia e di innovazione che gli staff applicano in Società?
Mi piace l’idea di concepire nuovi modelli di preparazione e di allenamento in cui la partecipazione dei clienti sia meglio valorizzata. L’arricchimento del mondo sportivo è subordinato a una maggiore apertura ed è questo il momento ideale per accettarlo; l’abitudine di rimanere centrati sulla propria specificità e sulle diverse forme di specializzazione ha impoverito un settore oggi evidentemente fragile.