diritto sportivo

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Sono mesi che il vincolo sportivo costituisce motivo di dibattito e di ragionamenti. Le prospettive sembrano volgere al meglio e le tempistiche si sono delineate. Nei fatti ci sono atleti dilettanti che ancora si imbattono in problemi troppo scomodi per età e livello di prestazione.
Volendo sottolineare l’importanza dell’argomento, ho sentito il parere di Mario Vigna, avvocato del Foro di Roma, partner dello Studio Legale e Tributario Coccia De Angelis & Associati. Si occupa prevalentemente di diritto del commercio internazionale, diritto della proprietà industriale, societario e diritto dello sport. Riveste dal 2013 la carica di Vice-Procuratore Capo di NADO Italia. È arbitro della Anti-Doping Division e della Ordinary Division del TAS di Losanna, nonché componente dell’Expert Legal Advisory Group della WADA.
Abbiamo scambiato alcune riflessioni in occasione di un Convegno AIAS sull’etica sportiva, qualche anno fa. Per me è stato illuminante prendere atto di quanto il settore sportivo sia scevro delle minime conoscenze necessarie in termini di diritto. Stringendo il focus sul vincolo sportivo, Mario Vigna ha chiarito lo “stato dell’arte” aprendo ai prossimi scenari e dipanando la questione nei suoi termini generali.
Passato, presente e futuro sono racchiusi tra sei domande e sei risposte dirette a definire una situazione che per qualcuno costituisce ancora un difficile problema da risolvere.

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🧠 Tra i principi fondamentali della Carta Olimpica (versione italiana, 1999), al punto 8, si legge: “La pratica dello sport è un diritto dell'uomo. Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport secondo le proprie esigenze”. Considerando esclusivamente il livello dilettantistico, è conciliabile sul piano legislativo un principio come questo e l’esistenza del vincolo sportivo? In quale modo?

 

⚖️ A mio avviso, il principio di cui sopra e il vincolo sportivo nell’ambito dello sport non professionistico sono stati sino ad oggi conciliabili nella misura in cui il diritto dell’atleta di praticare un determinato sport veniva contemperato con il diritto del sodalizio sportivo detentore del c.d. “cartellino”, ossia il diritto al tesseramento del soggetto sportivo, di investire sulla formazione dell’atleta e rientrare dell’investimento nel lungo periodo. In altre parole, la limitazione alla libertà dell’atleta di praticare sport era correlata all’interesse del sodalizio di appartenenza di veder in qualche misura remunerato lo sforzo per aver addestrato e formato quell’atleta. Su quest’ultimo aspetto, non può essere tralasciato che le numerose associazioni e società sportive dilettantistiche operanti in Italia svolgono un preziosissimo lavoro per introdurre, accompagnare e guidare i giovani nell’esercizio in concreto del loro “diritto allo sport”. Ciò detto, è chiaro che i suddetti due interessi (quello dell’atleta e quello del sodalizio) possono convivere fintantoché sussista un rapporto di reciproca crescita e fiducia, essendo opportuno quindi che l’ordinamento sportivo preveda un meccanismo di svincolo applicabile nel momento in cui detto rapporto dovesse venire meno. Da ultimo, non può negarsi che in diversi casi, nel corso degli anni, lo strumento del vincolo sportivo sia stato utilizzato in modo improprio da soggetti più interessati a lucrare sui “cartellini” che alla formazione degli sportivi.

🧠 Analizzando la possibilità di sciogliere il vincolo sportivo dell’atleta dilettante, emergono termini molto specifici, come premio di addestramento o riscatto del cartellino. Se poi guardiamo alla realtà, bisogna immaginare degli adolescenti praticanti sport con altri interessi e difficoltà di svariato genere. Quali sono le informazioni essenziali che daresti a un genitore nel momento in cui si trova a dover firmare il tesseramento di un figlio?

⚖️ Sicuramente è opportuno che il genitore legga attentamente il modulo che sottoscrive nell’interesse del figlio, cosa che purtroppo spesso non accade. Inoltre, occorre essere consapevoli che il “vincolo” pluriennale, per essere sciolto laddove l’atleta decida di svolgere la propria attività sportiva presso altro sodalizio, richiede imprescindibilmente la collaborazione del sodalizio di appartenenza. Suggerirei inoltre ai genitori e agli atleti stessi di tenere presente che la prima strada è quella di tentare il dialogo bonario (magari anche con l’aiuto del sodalizio sportivo presso cui l’atleta vorrebbe essere trasferito) e che, qualora detta soluzione non dovesse avere successo, l’ordinamento sportivo offre la possibilità, seguendo determinate regole e procedure e ricorrendone i requisiti, di chiedere e ottenere lo svincolo d’autorità.

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