Tempo di lettura: 4 minuti
La Medicina dello Sport è una branca specialistica ormai ampiamente riconosciuta anche dai non addetti ai lavori. Di sicuro, è accettata dagli atleti agonisti e non agonisti, giovani e meno giovani, dediti a una attività sportiva, iscritti ad una Federazione Sportiva Nazionale (FSN) o ad un Ente di Promozione Sportiva (EPS), che mi piace evidenziare non sono la stessa cosa.
In un simile scenario però, purtroppo, la divulgazione di alcuni aspetti basilari, inerenti la salute dell’atleta, è ancora talvolta di un livello troppo basso. E sarà anche per questo che ci si affida (non così raramente) al “fai da te”, al consiglio di un compagno di allenamento o di una mamma con cui ci si intrattiene, mentre i figli giocano.
Stando così le cose, questo mese, ho pensato interessante rivolgere qualche domanda a un amico, Vittorio de Feo, Specialista in Medicina dello Sport, Presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana per l’Abruzzo e Direttore Sanitario della M.d.S. srl, un Centro di Medicina dello Sport convenzionato FMSI.
Vittorio ha trovato il tempo di rispondermi, con la sua solita affabilità e il suo simpatico sorriso, dandomi uno spaccato di quello che pensa riguardo questioni su cui, pur collaborando assieme ormai da decenni, non troviamo mai un momento come questo per soffermarci.
Ecco cosa è venuto fuori.
Se leggendo volete aggiungere qualcosa, inviare un commento o esprimere dei dubbi, scriveteci a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
🧠 Secondo le Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i bambini e gli adolescenti dovrebbero svolgere in media almeno 60 minuti al giorno di attività fisica di intensità da moderata a vigorosa, principalmente aerobica, per tutta la settimana. Nell’ultimo rapporto sull’obesità in Italia, uscito nei mesi scorsi, tra i 7 e gli 8 anni, i dati evidenziano che nei Paesi dell’Unione europea quasi un bambino su otto anni è obeso. Cipro, Italia, Grecia, Malta e Spagna mostrano i più alti tassi di obesità. La prevalenza in Italia è pari al 18%. Dato in aumento negli adolescenti: l’Italia si colloca nella fascia centrale della graduatoria dei Paesi dell’Unione Europea, con un livello pari al 19%. In Italia, come per gli adulti, tra i 3 e i 17 anni si osserva un forte gradiente territoriale nella distribuzione dell’obesità tra la popolazione giovanile: 34,1% al sud al, 20,0% del nord-ovest, 22,4 % nel nord-est, 23,9% del centro e 28,4% nelle isole, con quote più elevate soprattutto in Campania (37,8%), Molise (33,5%), Basilicata (32,4%), Abruzzo e Puglia (31,2%). Stando così le cose, il dubbio è: l’iscrizione a un gruppo sportivo può risolvere il problema del comportamento sedentario? Come?
👨⚕️L’iscrizione ad un gruppo sportivo consentirebbe sicuramente di avviare il bambino verso una attività fisica istituzionalizzata e di introdurlo alla pratica di uno sport con tutti i benefici in termini sia fisici sia comportamentale e culturali che ne conseguono; ma l’ipocinesia di cui soffre una percentuale sempre maggiore della popolazione generale e in particolare i giovani e i bambini, è figlia, soprattutto, di un deficit importante a carico dell’attività fisica cosiddetta spontanea (gioco, movimento, ecc.).
Per cui la risposta alla domanda è NO, in quanto l’attività sportiva istituzionalizzata dovrebbe essere integrata da una attività fisica spontanea in special modo nei bambini di età 0-10.
🧠 In letteratura è stato confermato a più riprese che la multilateralità debba mettere il bambino nelle condizioni di provare e conoscere i fondamenti delle diverse discipline sportive esistenti, sempre in forma ludica. Partendo da questo presupposto e considerato lo sviluppo psicofisico del bambino, c’è un’età in cui è consigliabile iniziare un’attività sportiva piuttosto che un’altra? Quale?
👨⚕️ Più che sull’età mi soffermerei sulla scelta di una attività sportiva specifica. Si tratta di una decisione complessa in cui bisogna considerare molteplici aspetti; tra questi, il più importante è sicuramente legato alla propensione naturale e caratteriale che il soggetto (soprattutto il bambino) prova nei confronti di un’attività piuttosto che di un’altra. Alla base di una scelta consapevole vi è, sicuramente, la possibilità di conoscere e provare esperienze sportive diverse, per potersi confrontare con i differenti aspetti di ciascuna attività.
Riguardo la multilateralità, ci tengo a evidenziarne l’importanza, visto che da un punto di vista psicofisico consente di acquisire sia le capacità motorie di base (fondamentali per il bambino e, purtroppo, molto spesso poco attenzionate) sia una conoscenza culturale-sportiva di discipline differenti.
Puoi leggere la versione integrale dell'articolo nella prossima newsletter di settembre ▶️ clicca qui e registrati adesso!