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Selezione a cura di M. Sassi - Serena e Venus Williams, nel nome del padre, di Mecca, G., 66thand2nd (2021)

Pagg. 24-5

È il 3 luglio 1990 quando Richard Williams capisce di essere dalla parte della ragione. A Wimbledon Martina Navrátilová sta per vincere l'ultimo Slam della sua carriera, in finale contro Zina Garrison. Il «New York Times», però, a pagina 30, sceglie di concentrarsi su ciò che succederà al tennis dopo di lei. «Status: imbattuta.

Futuro: Roseo. Età: 10 anni» titola il quotidiano statunitense. Sotto appare per la prima volta una foto di Venus Williams che si prepara per servire. Quell'anno la primogenita di Richard ha giocato 63 partite del circuito Junior della federazione e le ha vinte tutte. Deve ancora crescere in altezza e non si capisce da dove arrivi tutta quella potenza, ma il suo servizio sfiora i centosessanta chilometri orari. «Roseo?» Richard non è sicuro di avere letto bene: «Siamo sicuri che stiano parlando di noi, dei Williams di Compton?». «Roseo? C'è mai stato qualcosa di roseo nel nostro destino?».

Eccola, finalmente, una promessa che il tempo non ha rovinato. È sua figlia Venus che a dieci anni non perde una partita e adesso, senza rendersene conto, sorride ogni volta che colpisce una pallina. Il tennis è diventato un riflesso incondizionato, le è entrato nel sangue.

Fino a quel momento era stato un affare di famiglia, l'azzardo di un padre, la fiducia cieca di una moglie, due bambine che ne vengono travolte. Diventa speranza concreta all'inizio degli anni Novanta quando i Williams decidono di fare le valigie un'altra volta e di trasferirsi in Florida, per frequentare l'accademia di Rick Macci, che nel 1985 ha aperto una scuola tennis ad Haines City, all'interno del Grenelefe Golf & Tennis Resort, da cui negli anni sono passati Jennifer Capriati, Andy Roddick, Mary Pierce, future stelle del circuito professionistico. Prima di farle entrare nel team, Macci fa un sopralluogo a Compton per capire come giocano le due sorelle. L'allenatore non ha molto tempo, Richard per convincerlo gli mostra il suo prodotto migliore, Venus. Serena quel pomeriggio rimane seduta per terra, fuori dal campo a osservare una scena che come al solito non la riguarda. La pallina va avanti e indietro senza mai toccare la rete. Dieci, trenta, cinquanta scambi, la più piccola muove la testa a destra e a sinistra senza mai distrarsi.

Sono ancora i giorni dell'orgoglio, Serena è felice di stare in disparte a incrociare le dita, come se ci fosse anche un po' della sua energia in quella pallina che non vuole saperne di morire. «Chissà se capiterà anche a me l'opportunità di essere valutata da un coach come lui». La domanda sorge spontanea e lascia il tempo che trova. Quando Venus si ferma per raccogliere le palline, Serena corre a darle una mano. «È mia sorella» pensa e non potrebbe desiderarne una migliore.

Macci guarda Venus e non si impressiona. È forte, certo, ma in California ce ne sono tante altre al suo livello. Il gesto che lo convince a fidarsi di Richard Williams avviene fuori dal campo. Venus chiede di andare in bagno, è passata un'ora ed è un po' stanca. «Certo, per me può bastare» le dice l'allenatore e le stringe la mano. «Sei brava, continua così». La ragazzina esce dal campo e si mette a camminare sulle mani, prima piano per cercare l'equilibrio, poi sempre più veloce, senza mai cadere. Macci capisce in quel momento che Richard Williams non è un pazzo. «Potete allenarvi con me». Gli interessa soltanto Venus, ma Richard aveva posto una clausola: «O tutte e due, o nessuna». A dieci e nove anni le due sorelle diventano atlete tesserate per il club di Grenelefe.


???? Giorgia Mecca è nata a Torino nel 1989. Scrive di tennis per il quotidiano «Il Foglio» e per l'edizione torinese del «Corriere della Sera», e tiene una rubrica sportiva su «Internazionale Kids», il mensile dedicato ai bambini. Serena e Venus Williams, nel nome del padre è il suo primo libro.