Selezione a cura di M. Sassi - Giorni di grazia, di Ashe, A., add editore (2017)
Pagg. 55-56
Scherzavamo sulla fine della mia carriera tennistica perché mi aiutava ad alleviare un po' l'amarezza di quel momento doloroso, che fu ancora più doloroso quando, nello stesso mese, a New York, confermai alla stampa il mio riitro dal tennis a livello professionistico.
In quell'occasione mi limitai a confermare ciò che avevo già ammesso in una lettera indirizzata a ventidue amici e colleghi. «Molto tempo fa, durante le lezioni di catechismo ho imparato che "c'è un tempo per ogni cosa". Oggi si chiude la mia infinita odissea di ricerca del servizio perfetto, mi ritiro dal tennis agonistico. Nel caso in cui vi interrogaste sulla mia salute, sappiate che ho intenzione di vivere fino a cent'anni.»
Quando, in seguito a quella lettera, ricevetti la telefonata di un giornalista, fui altrettanto spavaldo. «I dottori dicono che vivrò fino a cent'anni», lo rassicurai, «ma non vogliono metterlo per iscritto.»
Una vita si era conclusa, ma un'altra non era ancora del tutto cominciata. Da qualche anno sapevo che quel momento sarebbe arrivato e ora era lì sul serio. Dovevo affrontare il passaggio intermedio tra il vecchio e il nuovo, lo sapevo, e mi concessi tre mesi per pensare al passato e al futuro. In quel punto così crusciale della mia vita, non volevo commettere errori.
Se ripenso a quei giorni, vedo solo una cosa in modo chiaro: ero nel mezzo di una crisi. Provavo un'insoddisfazione, leggera ma penetrante, nei confronti della vita che avevo vissuto fino a quel momento, e una profonda confusione rispetto a come sarebbe stato, o sarebbe dovuto essere, da lì in avanti.
Come potevo essere anche solo parzialmente insoddisfatto della mia vita? Avevo vissuto, come direbbero molti, una vita da sogno.
Avevo raggiunto una fama internazionale, per cui molta gente sarebbe disposta a morire. Avevo viaggiato in tutto il mondo, e spesso in grande stile. Avevo guadagnato parecchi soldi. Avevo stretto un bel numero di amicizie. Come potevo essere insoddisfatto?
Sta di fatto che lo ero. Chi può dire quale forza ci attanaglia, dicendoci che i nostri successi, per quanto sensazionali, non sono abbastanza e che abbiamo bisogno di fare di più? Alcuni psicologi e alcuni poeti parlano di un'ossessione per l'immortalità che agisce come una dinamo nei cuori e nelle menti degli uomini e dell donne, a dispetto di tutto quello che sappiamo della fugacità della gloria e dell'ineluttabilità della morte.
Non credo che desiderassi essere immortale, non nel senso letterale del termine. Anche se mi piace ricevere onorificenze e premi, non sono ossessionato dalla voglia di sapere se qualcuno ricorderà il mio nome tra cent'anni. Però volevo realizzare qualcosa di più importante di quello che avevo compiuto sul campo da tennis.
Tanto per cominciare ero stato un atleta professionista e, per quanto ne sapevo, in pochi prendevano sul serio questa categoria. All'epoca - forse oggi le cose sono un po' cambiate - credevo che gli sportivi fossero l'equivalente moderno dei menestrelli o dei jongleurs del Medioevo. A volte pensavo che a mancarci fossero soltanto cappelli a punta, scarpe con la suola curva e campanelli. Eravamo degli intrattenitori, cui venivano assegnati ruoli essenzialmente clowneschi, per cui venivamo pagati molto bene. Il lauto compenso non cambiava però quello che era il nostro ruolo.
Volevo essere preso sul serio come altri atleti dei miei tempi che avevano iniziato a strapparsi quesi vestiti da clown. Dal luogo privilegiato di separazione sociale e razziale dell'alta borghesia che costituisce il mondo del tennis ed è composta quasi interamente di bianchi, avevo guardato con una certa ammirazione quegli sportivi che avevano opposto resistenza e protestato contro le ingiustizie sociali.
???? ARTHUR ASHE, BBC - Arthur Ashe: More Than a Champion (2015)
???? ARNOLD RAMPERSAD, scrittore e giornalista americano, finalista per la biografia di Ralph Edison per il Premio Pulitzer e nella cinquina del National Book Award.
fonte: add editore