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La motivazione alla pratica sportiva è la base del comportamento di ogni atleta e volendola esporre occorre fare una breve, ma significativa premessa.

Tecnicamente, essa definisce un’interazione dinamica tra gli stimoli connessi ai bisogni personali e quelli derivanti dalle sollecitazioni esterne.
Lo sport, rappresentando un’attività a cui si accede per libera scelta (o almeno così dovrebbe essere!), veicola un comportamento improntato sull’autodeterminazione e l’atto volitivo che favorisce si compone di tre fasi: la scelta, la decisione e l’attuazione (Tabella 1).
I comportamenti che l’atleta compie vengono spesso corredati di termini molto comuni (bisogni, istinti, cause, desideri) e generalmente si ritiene che motivi ed emozioni contribuiscano ad incentivare l’impulso ad agire.
In altre parole, è possibile affermare che la motivazione e l’emozione rappresentino due facce della stessa moneta: mentre lo studio della motivazione implica il perché viene adottato un certo comportamento, lo studio delle emozioni consente l’osservazione di come viene agito, a seconda che l’obiettivo sia o meno alla portata dell’atleta.
Ma facciamo un salto dalla premessa alla pratica e stringiamo l’obiettivo sul campo sportivo per vedere cosa succede da vicino.
Il bisogno di movimento e quello di affermazione sono i capisaldi indiscutibili della motivazione allo sport e ad essi, infatti, si riconducono gli aspetti secondari. Chiediamoci, pertanto, l’origine di questi aspetti.

L'articolo integrale (pubblicato su Passione Ciclismo - Mensile di cronaca, cultura, studi e storia del ciclismo, Editore E-Editing srl e Tuttoaffari, Anno 2 - Numero 1 - Gennaio 2008) è scaricabile gratuitamente cliccando qui.

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