REC n. 10 - 10 € 200 anni di Rugby 2023
I tempi brevi della pallavolo italiana
A volte indagare è un esercizio di stile, altre può diventare una necessità. E così, studiare da vicino le figure professionali responsabili dell’innovazione sportiva in ambito federale è certamente una scelta significativa ai fini di una migliore cooperazione.
Ma parlare di sviluppo vuol dire anche andare oltre la ricerca e approfondire antefatti e conseguenze delle beghe decisionali caratterizzanti l’organizzazione sportiva, in vista di eventi internazionali più o meno dirimenti.
Faccio un esempio. Nel suo intervento al termine di Italia-Olanda degli Europei femminili 2023, Giuseppe Manfredi, il presidente della FIPAV, si è posto un piccolo problema (cito letteralmente). Ma noi siamo davvero la squadra più forte del mondo?
Ora, al di là del fatto che posto così non sarebbe un problema, semmai un dubbio. La domanda credo sia un’altra: il Consiglio federale ha davvero analizzato dettagliatamente quanto accaduto per trovare la soluzione migliore in tempi brevi, e superare il delicato momento, che peraltro sembra persistere?
Non lo so, ma provo a spostare il focus dell’attenzione, giusto per spiegare che puntare ai vertici mondiali cambiando le basi da cui partire, così come è stato dichiarato dallo stesso Manfredi, potrebbe dimostrarsi un tantino complicato. Tranne che tu non sia Houdini.
Al di là del numero di tesserati in crescita e dei successi internazionali ascrivibili al 2022, bisognerebbe, infatti, capire soprattutto perché la pallavolo sarebbe in salute. Questo almeno è quanto viene ribadito a vari livelli, da svariati mesi.
Se rimaniamo sulla Nazionale femminile, alla luce della situazione che si è creata tra squadra, staff tecnico e dirigenza, la prima cosa che incuriosisce sono gli elementi fondanti eventuali risposte alle fasi di transizione.
REC n. 9 - 20 Franchi Roger Federer 2020
Federer ha appena terminato i nove anni di scuola obbligatoria e il programma Tennis/Etudes. Decide di diventare un tennista professionista e di fare di Biel la sede dei suoi allenamenti. Qui viene sostenuto in maniera ottimale dalla federazione svizzera del tennis e trova una struttura ideale con allenatori e compagni di allenamento esperti. Da quel momento si dedica completamente allo sport, a eccezione di qualche lezione di inglese o francese, a cui però rinuncia presto.
I suoi genitori sono consapevoli che alla sua età il passaggio al professionismo è rischioso e le sue conseguenze imprevedibili. «Avevamo un profondo rispetto per tutto quello che aveva fatto», ricorda il padre. «La gente ci diceva sempre che Roger aveva un grande talento, ma noi volevamo vedere dei risultati.» Aggiunge Lynette: «Spiegammo a Roger che non avremmo potuto sostenerlo economicamente per dieci anni, se fosse sempre rimasto intorno al quattrocentesimo posto della classifica». Benché l'impegno economico dei genitori sia contenuto grazie alle sovvenzioni della federazione - circa 30.000 franchi all'anno -, Lynette decide di lavorare di più, passando da un part-time al 50 per cento a un part-time all'80 per cento, in modo da assicurare alla famiglia una maggiore stabilità economica.
Un nuovo comma non risolve un dubbio
Più di un anno e mezzo fa accennavo alla prospettiva di vedere lo sport entrare nella Carta Costituzionale italiana ed esprimevo tra le righe alcune perplessità augurandomi comunque che fossimo parte di un cambiamento in atto.
“Siamo vicini a stabilire che lo sport non è tanto il luogo dei talenti da mostrare, quanto un contesto in cui performare è la conseguenza piuttosto che la causa di una scelta autonoma e consapevole.” Sono questi i termini che descrivevano una parte del mio ragionamento di quei mesi. Pur con una serie di accadimenti più o meno rilevanti, alla fine il dato aggiornato è che anche la nostra Costituzione riconosce lo Sport dandogli una sua collocazione: l’Art. 33, in cui si parla di Arte e Scienza. Dico anche, perché ci sono 9 ordinamenti dell'Unione europea che prevedono la cosa già da anni. Ma al di là dei dettagli. Il dato oggettivo è che adesso in Italia, contesto in cui la cultura sportiva stenta ad affermarsi, la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme.
È difficile anche solo ipotizzare i possibili risvolti di un passaggio simile, il ventaglio è ampio e la questione è complessa. Però un collegamento ci tengo a farlo, giusto per inquadrare l’impegno degli stakeholders prima e dopo un cambiamento, a detta di qualcuno epocale, e considerare i livelli di ragionamento a cui ci dovremmo prestare per rendere quantomeno il tutto più credibile.
Ho visto Oppenheimer al cinema. È stato uno spunto di riflessione enorme sull’impegno dell’individuo, sulle scelte umane e sull’utilizzo distorto della scienza e della tecnologia da parte della politica. Non posso non ragionare a cavallo tra l’ascolto degli interventi in Aula del 20 settembre 2023, giorno in cui è terminato l’iter legislativo per inserire lo sport in Costituzione, e quello che è accaduto a Robert Oppenheimer, fisico passato alla storia come “il padre della bomba atomica”, interpretato nel film dall’attore irlandese, Cillian Murphy.
Ebbene, per quanto oggigiorno la ricerca abbia il compito e la responsabilità di fornire gli strumenti per prendere decisioni informate, nel parlare di sport sembra diventare un settore trascurabile.